Commento troppo. Non so mai quando mettermi a tacere e quando cominciare a parlare.
Penso proprio che a quarant’anni continuerò ad aspettare che Fitzwilliam Darcy bussi alla mia porta, come ogni zitella che si rispetti.
Mi piacciono i vestiti stravaganti, quelli che la gente normale non metterebbe neanche sotto tortura.
Adoro i sapori agrodolci e mischio il dolce con il salato in modo spaventoso. Ovviamente, non so neanche cucinare. Inoltre, quando qualcosa di buono cade per terra me ne frego dei  fatidici cinque secondi e mangio lo stesso.
Piango ascoltando “
A modo tuo” di Ligabue perché quella canzone mi fa venire voglia di smettere di crescere. Mi odio perché sono così masochista da ascoltarla di mia spontanea volontà per vedere quanto a lungo riesco a trattenere le lacrime.
Non sono complicata e non mi aspetto molto dalle persone, almeno all’inizio. Quando vedo che loro non mi dedicano le stesse attenzioni che io dedico a loro, cerco di allontanarmi a poco a poco per farmi meno male possibile.
A volte mi piace entrare nei negozi di giocattoli e fingere che stia cercando qualcosa per i miei cugini più piccoli, quando, invece, cerco qualcosa per me. Inutile specificare che tutti capiscono che fingo.
Ecco, non so neanche fingere. Odio tutte quelle mosse di cortesia, quei baci e quegli abbracci dati soltanto per fare scena, e penso che chiunque ne dia in abbondanza sia falso.
A me le cose non possono piacere semplicemente. Devono ossessionarmi.
Canto a squarciagola quando sono sola in casa, ma in pubblico non canto mai. Devo dire che me la cavicchio.
Provo un’enorme soddisfazione quando la gente ride alle mie battute perché non credo di essere divertente – non nella maggior parte dei casi, perlomeno -.
Quando finisco di guardare un film o di leggere un libro comincio a fare un sacco di riflessioni, neanche fossi una critica cinematografica o letteraria, e se mi piace, apriti cielo! Non finirò mai più di parlarne.
Sto bene da sola, davvero, ma a volte mi piacerebbe essere il primo pensiero di una persona quando si sveglia.
Ho un’idea troppo romantica dell’amicizia e tendo a paragonare i miei amici ai migliori amici dei protagonisti dei miei libri preferiti. Sono ancora arrabbiata con Tolkien perché l’amicizia che c’è fra Frodo e Sam (perlomeno nella mia vita) non esiste.
Non sono una persona sguaiata, ma mi piace credermi un maschiaccio anche se non è così.
Mi sono addormentata guardando Hachiko e quando guardo Bridget Jones faccio il tifo per Daniel Cleaver perché sono innamorata di Hugh Grant.
Mi piace quando il personaggio di un libro ha i miei stessi difetti perché li interpreto come una giustificazione ai miei errori.
Sono innamorata di città come Parigi, Firenze e Berlino, ma non ci vivrei perché il mio nido mi piace troppo.
Odio la banalità dei piccioni. Odio i tamarri che guidano macchine con la musica impostata ad un volume più alto di loro. Odio chi si crede qualcuno che non è.
E soprattutto, odio chi cerca di togliere i miei difetti, di modificarli. Perché strapparmeli via? Perché cercare di allontanarli da me?
Io sono anche i miei difetti. Tu sei anche i tuoi difetti. Tutti noi siamo anche i nostri difetti. Spesso, però, a quell’ “anche” si dà il peso sbagliato.
E’ grazie ai difetti che ognuno di noi ha in sé la perfezione. Sono i difetti che ci fanno diversi.
Smettiamo di demonizzarli, una buona volta.